La rivolta a due passi da noi

Nottata di fortissima tensione sulle due sponde del Mediterraneo. Ciò che sta accadendo in Libia ha una portata impressionante: l’aviazione libica ha bombardato i rivoltosi, provocando una carneficina (su internet si trovano video agghiaccianti con i cadaveri colpiti, immagini che non potranno essere mai trasmesse da nessun telegiornale a causa della loro crudezza). È incalcolabile la quantità di diritti fondamentali violati in questi giorni e pare che uno dei fratelli di Gheddafi sia andato in centro Africa a reclutare mercenari per sedare nel sangue la rivolta (con un premio in denaro per ogni oppositore ucciso).

A Malta, ieri, sono atterrati due aerei libici i cui piloti, secondo quanto riferisce Al Jazeera, partiti insieme ad altri per un raid aereo, si sarebbero rifiutati di sparare sulla folla e sarebbero fuggiti. Se fosse vero, sarebbe un gesto di straordinaria umanità, che si affianca agli ammutinamenti di massa che si stanno verificando in queste ore, con molti politici e militari libici passati dalla parte dei rivoltosi.

Dall’altro lato del Mare Nostrum, intanto, il governo italiano è stato in silenzio fino al primo pomeriggio di ieri. I fittissimi legami commerciali con la Libia condizionano certamente la posizione dell’Italia. Un primo gesto di condanna è venuto con la dichiarazione formale del Consiglio dell’Unione Europea, dov’erano riuniti i ministri degli Esteri degli Stati membri. Frattini, in una conferenza stampa, ha letto la posizione del Consiglio, che condannava fortemente quanto sta accadendo in queste ore nel nord-Africa. Poco dopo, anche Berlusconi ha richiesto ufficialmente la cessazione della “violenza inaccettabile” compiuta dal governo libico.

Gheddafi, ieri, ha minacciato di inviare flotte di clandestini sulle coste siciliane, rompendo così il Patto dell’amicizia firmato per fronteggiare il fenomeno immigrazione. Ma nel frattempo, in queste ore, l’agenzia Adnkronos sta seguendo una vicenda che sarebbe davvero gravissima: si va, secondo quanto riporta la fonte, verso un’interruzione della fornitura di gas. I manifestanti, infatti, starebbero  prendendo questa decisione “perché voi non avete fermato lo spargimento di sangue della nostra gente e del nostro caro Paese avvenuto in tutte le città libiche. Per noi il sangue libico – conclude una nota sul sito internet del movimento “17 febbraio” – è più prezioso del petrolio o del gas”.

L’Italia è tra due fuochi, quindi. Da un lato Gheddafi, con i suoi accordi commerciali e il patto anti-clandestinità. Dall’altro i rivoltosi, appoggiati dall’Unione Europea, che minacciano di tagliarci le forniture. Come farà il nostro Stato a conciliare i due fronti cercando di ammortizzare i danni? Come pensa di attivarsi contro quello che lo stesso vice ambasciatore libico negli Stati Uniti ha definito un genocidio, chiedendo un intervento deciso e tempestivo dell’ONU?

La situazione è davvero grave. A Trapani e Gioia del Colle i caccia sono pronti a decollare per fronteggiare minacce aeree o navali; il livello d’allerta è molto alto. E intanto a poche centinaia di km continua ad essere riversato sangue su sangue.

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