L’intervento di Roberto Benigni, nel corso della terza serata del Festival di Sanremo ha lasciato, come da suo stile, a bocca aperta. C’è da dire, per la verità, che non ha detto qualcosa di nuovo; per esempio, l’esegesi dell’Inno di Mameli a molti non è giunta come una trovata innovativa: chi ha avuto la fortuna di avere alle elementari insegnanti attenti a questi aspetti dovrebbe conoscere abbastanza bene i significati e le parole dell’inno. Certo che sentirle con l’enfasi ed il trasporto di Benigni fa però tutto un altro effetto.
La serata di ieri è stato un momento assai significativo nel Festival. Aperta parentesi: la “squadra” di Morandi non sembra stia cambiando granché nella monotonia degli ultimi anni; tra l’altro, è di molti la perplessità su come, nel 2011, si possano riproporre ancora i vari Anna Oxa, Patty Pravo o Al Bano come cantanti di vertice della canzone italiana odierna. Chiusa parentesi.
Comunque, la rivisitazione di tante canzoni che hanno fatto la storia della canzone italiana e dell’Italia stessa è stata un degno modo di celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, soprattutto se condito con il monologo del cinquantottenne comico / attore /regista fiorentino.
Una prima annotazione, però, andrebbe fatta proprio sulle conseguenze del suo monologo. Per quanto riguarda la parte “comico-satirica”, hanno molto imbarazzato gli applausi di Masi e La Russa, canzonati di fronte a mezzo mondo (il primo direttamente, il secondo in quanto rappresentante del governo). Vero è che si sono comportati in modo galante, ma applaudire –seppur svogliatamente – a parole che li ridicolizzano palesemente è a sua volta un gesto ridicolo. Il ridicolo del ridicolo oseremmo.
Non potevano mancare, inoltre, le tanto annunciate critiche all’organizzazione dell’intervento di Benigni e dell’intera serata: alcuni hanno criticato l’eccessivo tempo dedicato alla satira politica; altri, come Castelli, lo ha definito “un po’ noioso”, mentre Mario Borghezio prima della serata aveva detto “Fa semplicemente schifo il prostituirsi di un artista alle esigenze della retorica di una parte del Paese contro l’altra”. “Il Giornale”, invece, stamattina titolava «Al Festival dell’Unità si cantava Bella Ciao». La solita polemica, che non tiene conto che Bella Ciao sia un canto popolare di origine ottocentesca, al di là del successivo utilizzo politico che se ne fa. Ma in fondo questa è una diatriba di tutti i giorni e c’è da sottolineare come la stessa testata abbia espresso cenni di ampio consenso verso Benigni.
Insomma, come in ogni cosa ci sono favorevoli e contrari, euforici e disillusi. Non tutto ciò che ha rappresentato questa serata, comunque, lascia il gusto dolce e piacevole di una dignitosa celebrazione del 150°, perché le solite critiche (più o meno sensate) e alcune uscite fuori luogo non possono che risvegliare dal torpore affabile di quelle immagini, lasciando la sua scia amara.
Benigni ha sottolineato l’importanza che avrebbe concedere la festività di giorno 17 marzo, enfatizzando quanto possa essere rilevante nella percezione, soprattutto dei giovani, del valore di quella ricorrenza. A tal proposito, riprendendo le continue e spesso sterili discussioni istituzionali dei giorni scorsi (con interrogazioni in Parlamento e CdM convocati appositamente), una proposta provocatoria sarebbe potuta essere: dato che si parla d’Italia, di valori, di orgoglio nazionale, si conceda agli italiani il giorno festivo per celebrare in piazza la ricorrenza e si metta in calendario, invece, una giornata intensissima di attività istituzionale, con la quale i politici possano dimostrare, nelle sedi opportune, il proprio attaccamento alla nazione!
E comunque, alla fine, la Festa nazionale è stata ufficializzata, sebbene tra le polemiche.
Post Scriptum. Paolo Galimberti, presidente della Rai, ospite in studio di un programma di Radio 1 Rai, ha espresso, la mattina dopo la performance di Benigni, il proprio entusiasmo per avere imparato quale sia il senso profondo dell’Inno di Mameli, che lui finora aveva cantato senza conoscerne pienamente il significato, in modo quasi inconsapevole. Per la cronaca, ogni giorno proprio Radio Rai alle 6 del mattinoe a mezzanotte manda in onda per intero l’Inno di Mameli… Lui che è presidente dell’azienda televisiva nazionale, non ha idea neanche di ciò che si trasmette quotidianamente sulle proprie reti.