La cornice del Teatro Greco per il dramma umano di Antigone

Siracusa_tragedie_Antigone_2013Anche per quest’anno a Siracusa da sabato 11 Maggio sono di scena le rappresentazioni classiche al Teatro Greco. Questa XLIX stagione è contrassegnata dalla “Saga tebana” con le tragedie Edipo Re e Antigone di Sofocle. Quest’ultima è stata resa dalla regista Cristina Pezzoli non enfatizzando i toni tragici, ma dando una chiave di lettura più vicina ad un pubblico moderno che vuol vedere nella tragedia qualcosa che riporti al presente, che vuole comprendere i dissidi umani che conducono all’infelicità: così si può avvicinare a noi un autore antico e “grande” come Sofocle.

Martedì 14 maggio 2013, il teatro si è riempito soprattutto di ragazzi delle scuole superiori, non solo siciliane, che all’uscita si mostravano soddisfatti e colpiti dalla facile comprensione del testo e della vicenda nella sua totalità. Perfetta la scenografia, minime le incertezze nella recitazione, suggestive le musiche.

La rappresentazione comincia con la narrazione dell’antefatto esposta dall’ombra di Giocasta, madre e moglie di Edipo: lo spettatore ignaro può comprendere fino in fondo la tragicità degli eventi passati, il drammatico destino dei personaggi, i disegni del fato. Quindi compare Antigone, ruolo svolto dall’attrice Ilenia Maccarrone,  con la sorella Ismene; le loro posizioni sono lontane: Antigone vuole rendere sepoltura al fratello Polinice contro le leggi di Creonte; la giovane non accetta di sottostare alla legge umana poiché dare “una tomba a mio fratello è la cosa più bella”; Ismene è contraria. Un nuovo dramma ha inizio per i discendenti di Laio. Si ha così la piena affermazione dell’idea di “tragico” portata in scena nelle opere sofoclee: la rappresentazione del conflitto inconciliabile tra libertà e necessità a cui l’eroe non è capace di sottrarsi. Neanche l’aiuto divino può servire ad una conciliazione come era possibile nei drammi eschilei. Antigone e Creonte sono destinati a soffrire: Antigone perché ritiene che le leggi non scritte degli dei e i legami di sangue debbano essere difesi anche con la vita; Creonte perché agisce per salvare lo Stato dalla rivolta e dall’anarchia.

La grandezza e la tragicità allo stesso tempo del personaggio di Antigone consiste nel suo rifiuto di quei meccanismi che limitano l’individuo. Tra i vari personaggi in scena spicca una guardia, impersonato da un impeccabile Gianluca Gobbi, il quale, grazie anche alle scelte linguistiche della regista, mette davanti agli occhi dello spettatore l’uomo medio che è incapace di comprendere cosa sta accadendo fino in fondo, interessato solo alla propria salvezza e al proprio tornaconto. Se Sofocle evitava di proiettare nelle sue opere riferimenti al presente, il dramma messo in scena quest’anno offre spesso motivi di riflessione per legami con il nostro mondo. Al coro è affidato questo importante compito quando al primo stasimo canta l’esaltazione dell’uomo “la più meravigliosa tra le tante meravigliose creature di questo mondo“, capace di tante azioni e di grandi imprese, “solo alla morte non sa come sfuggire“; sapiente e ingegnoso, l’uomo “ora si volge al male e ora al bene”; da condannare, afferma sempre il coro,  è colui che imbroglia e che è privo di scrupoli, che antepone se stesso al bene della città! E’ ancora il coro ad esaltare il valore dell’amore, la cui invincibile forza porterà Emone a cercare la morte accanto ad Antigone: “Eros, a te non si può resistere”.

La tracotanza, la fiducia nella ragione umana, il desiderio di mostrarsi infallibile porterà Creonte alla tragedia finale quando sarà troppo tardi per rendersi conto della fondatezza delle parole di Tiresia: solo, non gli resterà che piangere i propri familiari morti a causa dei suoi errori: “Infelice, annego nell’infelicità”. Il dramma si chiude con la bellissima espressione che sintetizza il dramma di Creonte e che oggi più che mai deve indurci a riflettere: “Non c’è felicità senza saggezza… Le grandi parole degli arroganti sono punite con grandi sconfitte… “.

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