Tav: una vicenda che ci riguarda da molto vicino

Le proteste dei No-Tav stanno scuotendo l’opinione pubblica in questi giorni. La vicenda della Val di Susa, tuttavia, ha origini ben più remote (già nei primi anni Novanta) e riguarda non solo gli abitanti piemontesi, ma tutto il popolo italiano e siciliano in particolare. Ciò per due ordini di ragioni.

Innanzitutto, a prescindere da quale siano le motivazioni delle proteste e la posizione che ciascuno, con il proprio bagaglio di informazioni, si sente di assumere, ciò che sta accadendo non è una semplice battaglia contro una grande opera pubblica, ma è un evento che tocca la concezione stessa di democrazia: quanto conta la voce del popolo? Le istituzioni devono dare conto del proprio operato solo con le elezioni o la protesta ha peso quanto (o più) di un voto? La partecipazione dei cittadini è legittima o le decisioni di un governo sono insindacabili perché “scelto” dal popolo stesso? È un tema di fondamentale importanza, del quale si potrebbe discutere a vita e che merita l’attenzione di tutti.

In secondo luogo, la protesta dei No Tav va oltre la dimensione localista e mobilita associazioni, comitati e gruppi di cittadini al di là delle rivendicazioni particolari dei residenti, allargandosi a contesti molto più ampi. Non è un rifiuto egoistico di una decisione statale (“fate queste opere ovunque, ma non nel mio territorio”, ovvero la cosiddetta sindrome NIMBY=Not In My Back Yard), bensì è un conflitto che abbraccia temi molto più vasti, dalla giustizia globale all’ambientalismo.

Proprio a tal proposito, Adriano Sofri dalle pagine di Repubblica si è chisto nei giorni scorsi il perché non sia stato ancora proposto un referendum sulla Tav. Sarebbe un modo per “contarsi”, dice Sofri, e quindi per capire quale sia la reale portata della protesta; ma a chi – si chiede nell’editoriale – dovrebbe essere rivolta questa consultazione popolare? Solo ai valsusini o a tutti gli italiani? Probabilmente ai secondi.

“Tra la repressione brutale dell’esercito e la democrazia diretta del referendum – sottolinea Piero Ricca sul suo profilo Facebook – c’è o dovrebbe esserci la politica, quale funzione di mediazione che non può prescindere dalla valutazione dell’opportunità economica e dell’impatto sociale di una pur legittima scelta”.

Tutto ciò è strettamente legato alla protesta dei No Ponte sullo Stretto – i due movimenti, tra l’altro, sono gemellati e ciò chiarisce perché bandiere dei No Ponte sono presenti in Val di Susa e bandiere dei No Tav nei cortei a Messina. Ciò che sta succedendo il Piemonte potrebbe accadere (e probabilmente accadrà) anche sulle due sponde dello Stretto, quando inizieranno i lavori e gli espropri. Ma il concetto non sembra essere tanto chiaro nell’isola, tanto che il quotidiano La Sicilia ha dedicato  alla vicenda appena un articoletto interno a fondo pagina.

Al di là delle ragioni, della linea adottata dal governo, delle azioni dei manifestanti, dell’infiltrazione di estremisti, degli scontri, delle opinioni che ciascuno di noi si è fatto sulla vicenda e della conclusione (se mai ci sarà) che essa avrà, la battaglia che si sta combattendo sui boschi di Chiomonte merita l’interesse di tutti ed una seria riflessione qui in Sicilia, la quale, malgrado la distanza, è strettamente legata alla cronaca di questi eventi.

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