Quello che è accaduto a Roma sabato 15 ottobre 2011, avrebbe potuto rappresentare un’avvincente sfida per tutti i giornali. Sarebbe stato infatti interessante aspettarsi quali testate avrebbero parlato di guerriglia degli indignados, di violenza dei manifestanti, di black bloc, etc.
Il dato triste è che la maggior parte dei quotidiani non ha precisato che decine e decine di migliaia di manifestanti hanno protestato in modo del tutto pacifico e folkloristico, quasi nessuna grande testata ha tenuto a distinguere le poche centinaia di violenti dalla stragrande maggioranza di giovani, adulti, donne, anziani che si sono lamentati proprio dell’inserirsi di quei pochi violenti, teppisti, che nulla avevano a che fare con il senso della protesta.
Certo, resta da chiedersi per quale motivo, in tutto il resto del mondo non vi sono stati problemi di questo tipo. Viene da domandarsi perché in Italia non si riesce a non trasformare un dissenso sociale in una protesta partitica. Guardando le piazze di New York, Madrid, Tokyo, Sydney, Berlino verrebbe voglia di partire ed andare a protestare da quelle parti, piuttosto di non ridurre tutto ad una logica strettamente e morbosamente politica.
Ancora una volta poche centinaia di teste calde (volendo usare un elegante eufemismo) hanno fatto passare l’indignazione in barbarie, dando il pretesto a chi vedeva gli indignados con sospetto di diffidare definitivamente dalle loro pretese.
Adesso politici e “ben pensanti” possono dire che la violenza non porta a nulla di buono e che il movimento degli indignati altro non è che una forma di teppismo dal quale la società si deve difendere.
“Così hanno rovinato tutto!” è questo il lamento dei veri manifestanti. Questo è il bisogno di dire che la propria voce è stata sovrastata dal rumore terrificante degli spari, delle bombe, delle grida di paura.
Ma la voce di chi ha finalmente capito che la propria dignità sociale ed economica dipende dalla finanza incontrollata, da quella forma di liberismo che non lascia spazio a ciò che non riguarda il profitto economico, non può rimanere inascoltata.
Se chi ha il veto sulle politiche economiche internazionali continuerà a non ascoltare quel 99 per cento che adesso si limita ad innalzare cori davanti agli istituti finanziari, rischierà davvero di essere raggiunto fisicamente da coloro che non saranno più soltanto indignados, ma rabiosos. Ma arrivare a questo sarebbe troppo rischioso, per tutti.