Quello che stiamo scoprendo in questi giorni sull’emergenza umanitaria in Africa non può lasciarci indifferenti. Migliaia e migliaia di somali stanno intraprendendo il viaggio della disperazione per sfuggire alla morte, alla fame impietosa e alla violenza disumana. Il luogo culmine è Dadaab, ormai il campo profughi più grande al mondo, dove centinaia di famiglie cercano rifugio per i propri bambini, che troppo spesso però non arrivano a poter essere salvati.
Si calcola che nell’ultimo mese dal campo siano passate più di ventimila persone, dopo aver viaggiato su camion improponibili per chiunque, spesso anche causa di malattie letali, come la dissenteria, o di disidratazione.
Il numero di persone che oggi i tre campi profughi di Dadaab ospitano si aggira intorno alle 380 mila unità. La maggior parte di questi individui arrivano in stato di choc, molti moribondi, incapaci di reggere viaggi tanto lunghi (alcuni dei quali raggiungono le 23 ore) senza mangiare né bere.
Le principali cause di questo inferno umano risalgono alla guerra ormai ventennale combattuta in Somalia, all’inaudita siccità di quest’anno, che incide notevolmente sulla produzione agricola della regione, all’aumento vertiginoso dei prezzi dei generi alimentari, che rende impossibile gli acquisti ad una delle popolazioni più povere della terra, e di sicuro, anche alla crisi economica globale, che ha fatto diminuire i fondi destinati alle organizzazioni umanitarie che operano in Somalia.
Tutto questo dà luogo ad un circolo vizioso che sembra non avere soluzione. La povertà assoluta insieme alla guerra civile rende devastante la situazione per donne e bambini; e proprio questi ultimi, una volta superati i dieci, dodici anni di età, vengono spesso rapiti e costretti ad unirsi ai miliziani.
Inoltre, l’assenza delle organizzazioni internazionali nella regione provoca un certo disinteresse da parte dei media nei confronti del problema e l’ulteriore conseguenza è una sorta di inerzia anche da parte della comunità internazionale, che viene solo parzialmente a conoscenza delle drammatiche vicende somale.
Se si leggono queste notizie in relazione ai dati dell’Onu, che ci dicono come la popolazione mondiale aumenterà ulteriormente nei prossimi decenni, la situazione diventa ancor più critica. In base al rapporto dell’Organizzazione, infatti, la popolazione africana passerà dal miliardo di oggi ai 3,6 miliardi nel 2100. Con tutti i problemi che affliggono questo continente, sembra realmente impossibile prevedere un miglioramento delle condizioni di vita di questa gente.
Tra gli stati africani su cui sono stati fatti gli studi, uno dei casi più emblematici è senz’altro quello della Nigeria che al giorno d’oggi conta circa 160 milioni di persone (la stragrande maggioranza delle quali in condizioni di estrema povertà) e che a fine secolo arriverebbe a contenerne quasi 730 milioni.
Se questi numeri fossero accompagnati dalla consapevolezza di uno sviluppo tecnologico, sociale ed economico adeguati, il problema sarebbe sicuramente meno ingente, ma l’ineguaglianza dell’economia mondiale, i costi fluttuanti degli alimenti di prima necessità e la crescente domanda di Cina e India ci obbligano a guardare il tutto con impietoso realismo, senza però poterci permettere di restare indifferenti.