In Spagna gli "indignados", movimenti in Grecia e Portogallo; e da noi?

Le principali piazze della Spagna sono invase dagli “Indignados”, migliaia di studenti, lavoratori precari e non solo, che hanno dato vita ad un movimento di proporzioni notevoli, all’insegna della protesta pacifica e dell’antipartitismo.

Una quantità significativa di giovani che, compatti, decidono di dire basta alle politiche economiche che vessano, ormai da anni, la Spagna. Con un debito pubblico alle stelle e una disoccupazione che segna il record, gli “Indignados” hanno deciso di scagliarsi, in maniera del tutto non violenta, contro quei poteri politici ed economici che gli “stanno togliendo il futuro”.

L’eco delle proteste di piazza è arrivato anche ad Atene, dove la situazione è ancora più critica ed addirittura si pensa ad un’uscita dall’Euro. Nemmeno in terra greca il movimento ha un colore politico. Il bisogno di alzare la voce deriva dalle esigenze della stragrande maggioranza della popolazione e di fronte alla grande crisi la logica partitica diventa irrilevante.

Tra le proteste euro mediterranee manca all’appello l’Italia, non ancora nelle condizioni critiche di Spagna, Grecia e Portogallo ma nemmeno così lontana da potersi permettere di stare a guardare.

Di fronte all’emergenza di questi paesi ci si chiede come sia possibile nell’era dell’Unione Europea, trovarsi di fronte a tanta disparità tra le nazioni dell’ area Euro.

Gli effetti del famoso Patto di stabilità, citato fino alla nausea dai ministri europei, ricadono giorno dopo giorno sulle politiche pubbliche di Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia.  La privatizzazione forzata di ampi settori pubblici e la priorità che ha il contrasto all’inflazione sulla lotta alla disoccupazione lasciano aperti diversi dubbi sull’efficacia della politica economica europea.

La forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre di più e la stratificazione economica è una caratteristica sempre più radicata nell’euro zona, ma comunque si continua a puntare sui programmi imposti dai funzionari europei che, come forse pochi sanno, non vengono eletti dai cittadini.

Di fronte alle distorsioni che il progetto monetario europeo produce, potrebbe rivelarsi interessante una frase pronunciata da Jacques Attali (influente economista francese, autore di diversi saggi economici, nonché ex banchiere): «Non è  colpa nostra se la plebaglia europea era convinta che l’Unione Monetaria fosse fatta per la loro felicità».

Stando così le cose, il minimo che possiamo fare è indignarci, come quei giovani studenti dai quali, forse, noi italiani dovremmo imparare qualcosa.

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