Così parlò Obama

Novità, strappo col passato, e tanti interrogativi. Sono queste le parole che vengono fuori dal discorso tenuto da Barack Obama a Washington giovedì 19 maggio. La parte sicuramente più inaspettata del lungo ed atteso speech del Presidente degli Stati Uniti riguarda le dichiarazioni sulla scottante questione mediorientale.

Forse per la prima volta, da almeno vent’anni, un presidente americano fa riferimento al ritorno ai confini precedenti al 1967, anno della Guerra dei Sei giorni. Secondo Obama sarebbe una delle pochissime vie per far sì che israeliani e palestinesi possano finalmente trovare la pace.

In realtà, però, il suo discorso non è stato così rivoluzionario come si possa immaginare. Il presidente ha, infatti, messo fine ad ogni sorta di speranza palestinese per la creazione di uno stato indipendente, dichiarando fallimentari le azioni volte a delegittimare Israele.

Allo stesso modo, tuttavia, si è detto convinto che lo status quo, che vede Israele militarmente potentissimo e le popolazioni palestinesi armate di pietre e fionde, non possa continuare. Il processo di pace spetta solo a loro e al loro buon senso. Nessuno, nemmeno gli Stati Uniti, può risultare determinante nel creare una pace duratura e stabile nella regione.

Gli effetti di queste dichiarazioni, in sostanza, hanno creato scontenti da una parte e dall’altra. Netanyahu, primo ministro israeliano, ha reso nota la sua totale opposizione ad un eventuale ritorno ai confini precedenti al 1967, lasciando intravedere davvero pochi spiragli d’apertura nei confronti dei palestinesi.

Dall’altra parte, il movimento di Hamas, considera le dichiarazioni di Obama filo-israeliane, utili soltanto alla sua campagna elettorale.

Reazioni a parte, il discorso di Obama potrebbe davvero rappresentare un punto di svolta nelle relazioni che il mondo occidentale ha da sempre intrattenuto nei confronti dello Stato di Israele. Solo fino a pochi anni fa, la politica di Bush non avrebbe mai nemmeno immaginato di accennare ad  una revisione dei confini israelo-palestinesi.

Troppo spesso, negli ultimi sessant’anni, i media e i governi occidentali hanno chiuso gli occhi di fronte ai massacri che l’esercito israeliano perpetrava nei confronti delle popolazioni palestinesi, le quali, di sicuro, devono rispondere delle loro colpe.

La questione, comunque è troppo delicata e controversa per emettere sentenze nei confronti dell’una o dell’altra parte. Il dato di fatto consiste nella timida, seppur inaspettata, apertura da parte degli Stati Uniti verso un nuovo disegno dei confini tra due culture che rappresentano storicamente l’inconciliabilità tra gli uomini.

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