Davanti a centinaia di agende rosse alzate, alle 16.55 – l’ora dell’eccidio – e’ calato il silenzio in via D’Amelio, a Palermo. Nel luogo dove morirono il 19 luglio del 1992 il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta e’ stato osservato un minuto senza cori e parole per commemorare il magistrato, prima di un lungo applauso da parte della circa 500 persone presenti alla manifestazione. Il popolo delle agende rosse, come quella appartenuta al giudice e misteriosamente sparita dopo l’attentato, chiede di sapere la verita’ sulla strage.
Questo anniversario sembra forse in po’ diverso dagli altri recenti. Sembra che finalmente ci sia una presa di coscienza da parte di importanti elementi delle istituzioni, basta leggere le dichiarazioni riportate dall’agenzia Ansa da alcuni dei protagonisti.
«Mi sono stufata di contare le persone e di fare i confronti con l’anniversario della morte di Falcone», ha detto Rita Borsellino, commentando le notizie sul presunto disinteresse dei palermitani per le manifestazioni in ricordo del fratello. La sorella del magistrato ucciso in via D’Amelio nel ’92 assieme agli agenti di scorta della polizia ha sottolineato che alla manifestazione in ricordo della strage «c’e’ la gente che sceglie di esserci, perché l’antimafia si fa ogni giorno senza stare attenti ai numeri’». «Nelle istituzioni e negli alti vertici – ha concluso Rita Borsellino – ci sono personaggi che hanno perso il diritto di piangere Paolo»
Ma dichiarazioni ancora più forti sono giunte dal componente della Commissione parlamentare antimafia Fabio Granata e dal Presidente della Camera Gianfranco Fini.
«Pezzi di Stato, Governo e politica fanno di tutto per ostacolare le indagini su strage di via D’Amelio» ha affermato Fabio Granata. Il componente della commissione Antimafia ha anche detto di condividere la definizione di ”golpe” data dal procuratore aggiunto di Caltanissetta Gozzo. «In quel momento – ha concluso Granata – si accelerò con le stragi la fine della prima Repubblica».
Dopo le affermazioni di Granata la Lega Nord ha chiesto la sua audizione in Antimafia invitando Granata a ”fare i nomi” mentre il vice presidente dei deputati del Pdl, Jole Santelli, parla di «Affermazione gravissima che va spiegata in modo esplicito».
Una sorta di conferma alle parole di Granata è giunta dal Presidente della Camera Gianfranco Fini: «Oggi è ancora più doveroso essere impegnati perché sta emergendo che in via D’Amelio non fu solo mafia». Fini ha partecipato a Palermo alla fiaccolata organizzata per il 18/mo anniversario della strage di via D’Amelio in cui morirono Borsellino e la sua scorta. «Bisogna fare – ha aggiunto Fini – tutto quello che è possibile per individuare eventuali collusioni e complicità. E’ un dovere assoluto che va al di là di ogni divisione politica».
In precedenza Fini, rivolgendosi al “popolo delle Agende rosse” che urlava slogan “Fuori la mafia dallo Stato”, aveva preso le distanze dalle recenti affermazioni di Marcello Dell’Utri: «Mangano non è un eroe – ha spiegato Fini -, è un cittadino condannato per mafia. Gli eroi sono quelli che si sacrificano per lo Stato. Bisogna avere rispetto delle istituzioni, anche se – ha concluso il Presidente della Camera – ci sono uomini che non sempre sono all’altezza del ruolo che ricoprono».
Contestazioni in memoria di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e le vittime della mafia anche a Milano, dove il sindaco Letizia Moratti e il ministro della Difesa Ignazio La Russa, presenti alla cerimonia per l’intitolazione di un giardino ai due magistrati uccisi 18 anni fa, sono stati fischiati da alcuni esponenti dell’associazione “Qui Milano Libera” che hanno iniziato ad urlare: «Fuori la mafia dallo Stato, fuori la mafia da Milano», criticando la decisione del Comune di non varare una commissione d’inchiesta antimafia.